Premesso che ci sono anche allevamenti di salmoni che rispettano l’ambiente
– ma non sono la maggioranza –
ecco i dati sui salmoni allevati ” alla fine del mondo ”
” Le carni risultano pallide e grasse “
Nella Patagonia argentina, nel 2018 fu firmato un accordo tra Argentina e Norvegia per produrre nei mari del sud del mondo allevamenti di salmoni.
Si trattava di gabbie sommerse grandi quanto un campo da calcio con 500mila esmplari per ogni gabbia.
In un solo anno depositarono sul fondale liquami tanti quanti ne produce una città di 100 mila abitanti.
I salmoni di allevamento sono nutriti con pallet di farna di pesce e difesi dalle malattie con quantitativi sempre più alti di antibiotici; secondo le varie malattie, che sono devastanti e si trasmettono velocemente.
Le carni risultano pallide e grasse, mentre i salmoni cerscono deformi e devastati dai parassiti.
In dieci anni gli allevamenti diventano zone anossiche; ovvero senza più ossigeno e muoiono tutti gli esseri viventi del mare circostante.
Dal 30 giugno la salmonicultura è proibita nella zona del Canale di Beagle, nella Terra del Fuoco.
Anche in Cile, secondo produttore di allevamenti di salmoni nel mondo dopo la Norvegia, si sono osservati ripetuti disastri ambientali; fiordi soffocati dalla fioritura di alghe tossiche, epidemie di anemia infettiva che contagiano alghe, merluzzi e trote.
Nel 2016, 30 mila tonnellate di salmoni morti furono buttati al largo dell’isola di Chiloé; isola considerata un simbolo per la Patagonia cilena. La morte colpì anche: crostacei, molluschi, delfini, uccelli e leoni marini che vivevano sulle costre dell’isola.
