Una sneaker in meno … per un mondo migliore
Ogni anno vengono prodotte piú di 24 miliardi di paia di scarpe – il novanta per cento finisce nelle discariche
Il rapporto malato tra moda – società e ambiente
Pochi prodotti di largo consumo si prestano, come le scarpe, ad una chiara rappresentazione di come vanno le cose nel mondo di oggi.
Oggi scarpe e vestiti vengono venduti anche a prezzi ridicolmente bassi, ma anche ridicolmente alti (come certe scarpe di materile anche poco costoso, ma di cui si paga “la firma” in modo sproporzionato).
Nel XIX secolo Tocqueville, dalla appena-indistrializzata Manchester scriveva: ” da questa sudicia fogna sgorga oro puro”.
Oggi non possiamo parlare bene della globalizzazione senza avere le idee chiare su:
- come lavorano e vivono gli operai (qualche volta prigionieri, qualche volta ancora bambini) nelle fabbriche cinesi o in Bagladesh
- come e quanto si stanno distruggendo le foreste in Amazzonia e nel mondo; per produrre i nostri pregiatissimi parquet / mobili / porte / scale di palissandro, teck ecc… , le coltivazioni di soya, farro ecc., olio di palma, olio di cocco … anche per vegani, territori a prato per allevamenti, coltivazioni intensive di tè, caffè, avocado, semi vari, ricche di pesticidi, ma a noi spacciate per prodotti da società che amano l’ambinete (io che scrivo su questo giornale ho visto personalmente disboscare e la polizia privata che non mi permettava di avvicinare i coltivatori)
- i nostri adolescenti, noi stessi ammalati di consumismo sfrenato e comunque intrappolati da questo sistema
- le sostanze cancerigene avanzano ovunque nel mondo (recente scandalo nelle acque potabili del Veneto per l’industria dell’abbigliamento sportivo; impermeabilizzazione); in Vietnam da 6 a 177 volte oltre i limiti di legge da una fabbrica della NiKe
- Traffico di Pefezionamento Passivo ( Tpp ); legge europea, fortemente voluta dall’Italia per potersi permettere di mettere il marchio Made in Italy su: abbigliamento, scarpe, accessori vari, mobili ecc., prodotti in Albania, Romania, Ucraina
- la pelletteria di lusso, vanto e bellezza tutta italiana, non è esente da inquinamenti di terreni e veleni per le mani e i corpi di coloro che sono a contatto con i velenosi metalli; fondamentali per acconciare il pellame
- raduni internazionali di feticisti – sneakerheads – per comprare e vendere rari modelli di Adidas come fossero orologi antichi …
- il co-fondatore della Nike è andato in pensione con 35 miliardi di dollari; non avrebbe potuto dividere una piccolissima parte del patrimonio per pagare in modo decente i suoi dipendenti più poveri ? O ripulire i luoghi dove ha contaminato le acque ? La sua ricchezza non sarebbe poi di molto inferiore, ma avrebbe fatto la felicità e salute di tantissime persone in tutto il mondo e ci avrebbe lasciato un mondo migliore.
Tra il 1970 e il 1990
- aumento del 597 % di lavoratori nel settore tessile in Malesia e del 416 % in Bangladesch
- chiusure del 58% in Germania e del 55 % in Gran Bretagna
L’operaio cinese costa un decimo di quello americano.
Il calzolaio messicano guadagna 1,70 dollari all’ora, ma quello tedesco 18,40.
La stessa Ivaka Trump, che dichiarò guerra alla globalizzazione, vendeva prodotti di moda realizzati in 25 fabbriche cinesi (nel 2018 il marchio ha chiuso, sotto il peso dello scandalo suscitato negli USA).
Per i fanatici di certe scarpe:
- le scarpe a cuscinetti d’aria delle Dr.Martens, punk, furono inventate da un militare della Germania nazista
Quando acquistiamo cerchiamo di scegliere meglio; anche per chi ci lavora.
Sfruttamento – inquinamento – devastazione ambientale – consumismo sfrenato è quanto dobbiamo evitare; ogni volta che ci sarà possibile.
Compriamo almeno prodotti di qualità e compriamo di meno.
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Ne parla anche un libro:
Lavorare con i piedi. Ciò che le tue scarpe stanno facendo al mondo
di Tansy E.Hoskins
L’industria delle scarpe, come poche altre, rivela le storture della globalizzazione: sfruttamento, inquinamento, devastazione ambientale, consumismo sfrenato.
Ogni anno vengono prodotte piú di 24 miliardi di paia di scarpe. Il novanta per cento finisce nelle discariche, dal momento che per lo piú sono difficili da riciclare.
Un’azienda internazionale di calzature progetta un nuovo paio di scarpe a Londra, utilizza una fabbrica in Bangladesh, impiega materiali cinesi e indiani, e vende infine il prodotto finale negli Stati Uniti.
E tutta la transazione viene dichiarata nel Lussemburgo per il regime fiscale favorevole.
Tansy Hoskins, giornalista che da anni si occupa del rapporto malato tra moda, società e ambiente, qui prende un oggetto della vita di tutti i giorni, un paio di scarpe, come chiave interpretativa per spiegare come funziona il nostro mondo globalizzato, tecnologico, inquinante, in rapida e costante trasformazione.
Lavorare con i piedi, Tansy E.Hoskins, Einaudi, 380 pp., 19 euro.
