Leggono molto – sono creativi – empatici – con gradi capacità di concentrazione – hanno un tasso di depressione più basso rispetto ai coetanei che frequentano la scuola regolarmente
Ecco le caratteristiche che distinguono gli underschooler
In Italia, l’underschooling è comunque un’opzione per audaci; difficile trovare informazioni in materia ed i genitori devono presentare ogni anno il figlio per un esame che verifichi il raggiungimento degli obbiettivi didattici considerati minimi per ‘età del bambino.
Dall’altra parte dell’oceano, ogni anno università prestigiose come Yale e Harvard, entrano ragazzi che non sono nemmeno mai stati a scuola. Ma che, ovviamente, sono in grado di essere all’altezza di quelle università così prestigiose.
Perché si sceglie l’underschooling ?
Il sistema scolastico premia solo il pensiero analitico e la memoria a breve termine.
Inoltre, penalizza il pensiero intuitivo e la creatività.
Non ultimo, il sistema scolastico ufficiale propone un modello altamente competitivo e ignora ogni tipo di aspetto giocoso nell’apprendimento.
Quanto sopra, lo aveva già detto Maria Montessori; agli inizi del ‘900.
“Io imparo da solo ” è un libro che merita comunque una lettura; di Elena Piffero, Terra Nuova Edizioni, 13 euro.
Questo libro racconta l’esperienza di un-schooling che l’autrice vive con i suoi tre figli di 6, 4 e 2 anni.
I bambini non sono iscritti a scuola ma vengono educati a casa valorizzando l’innata capacità di imparare che hanno i più piccolini.
Invece dei programmi scolastici nazionali, al centro del percorso sono collocate le energie fisiche, creative ed emotive di ciascun bambino, di cui vengono rispettate le peculiarità e liberate le risorse. A casa si impara a leggere e a far di conto, ma anche ad usare le mani, a discutere, a vivere in consapevolezza. Una scelta rivoluzionaria per far apprezzare alle nuove generazioni valori come la sostenibilità, la decrescita, il rispetto e l’inclusione. Un libro autobiografico che anche contribuisce al dibattito pedagogico, presentando i più innovativi studi sull’apprendimento, le neuroscienze e la psicologia dell’età evolutiva.
Molte altre indicazioni le trovate nel libro ” Lasciateli giocare “, Einaudi, di Peter Gray, psicologo evolutivo del Boston College.
Secondo l’autore del libro, noi umani siamo rimasti, nel nostro intimo, ancora dei cacciatori – raccoglitori (come è accaduto per il 95% della vita che l’umanità ha passato sulla terra); siamo quindi programmati per apprendere tramite l’osservazione, l’imitazione, il gioco.
L’apprendimento infantile è caotico e avviene, soprattutto, nel subconscio.
Gli underscooler sono tendenzialmente più lenti ad apprendere rispetto ai bambini che vanno a scuola, perché sono lasciati liberi di apprendere secondo le loro capacità del momento. Proprio come avviene con il metodo Montessori.
Ma acquisiscono conoscenze e capacità che, alla fine, sono migliori e più efficaci di quelle della scuola normale.
CONCLUSIONE
Se in Italia, la scuola è quella che è, possiamo usare il tempo libero per insegnare a figli e nipoti, sin da piccolissimi, tutto quello che ci sembra opportuno, presentandolo come un gioco.
Guardare la natura mentre camminiamo, anche in centro città ci sono gli alberi … parlare alternando parole giocose in inglese o francese. Andare a fare la spesa e insegnare e fare di conto con i prezzi del supermercato … A un nonno o ad un genitore che ama suo figlio, verranno in mente mille modi per parlare giocosamente di cose serie.
Per esempio, la geografia si può insegnare portandoli ad una fiera dei turismo con un bel mappamondo e segnando su di esso le varie zone del mondo che si visitano; il bambino non dimenticherà mai una lezione di geografia di questo tipo. Oppure guardando i filmati della BBC su internet … idem per archeologia … ecc…
Anche una breve gita in battello o sul treno può servire per parlare, meglio con piantina, di geografia e paesi vicini e lontani…
Coraggio, basta volere … !
