La felicità, per un italiano degli anni del dopoguerra era “la dolce vita”
Quanto l’inutile ci sembri indispensabile …
Oggi, molti pensano che la felicità sia nell’essere nelle prime pagine dei giornali o avere tanti followers – possedere grosse auto – abitare nei super-attici dei grattacieli di New York o Singapore – frequentare ristoranti stellati o , più “semplicemente” essere un calciatore di grido o una protagonista di qualche serie televisiva ecc…
Una vita dedicata solo alla ricerca del piacere non porta alla felicità; basta guardarsi intorno con spirito critico per capirlo.
L’uomo si differenzia dall’animale per avere un cervello; un buon uso delle sue potenzialità, quindi studiare o lavorare in un ambito per cui si è naturalmente dotati può avvicinare a quello stato di soddisfazione che, noi, paragoniamo alla felicità.
Ovvero, realizzare le proprie potenzialità è un buon passo per avvcinarsi ad una vita che merita di essere vissuta.
Non a tutti è dato questo privilegio, e allora perché i bambini dei paesi più poveri (ma non muoiono di fame) e le loro mamme hanno negli occhi quella gioia che non abbiamo mai visto nei bambini con tanto di baby sitter e vacanze da sogno?
Il filosofo Aristotele sosteneva che l’unica vita davvero felice è una vita di studio.
Socrate al mercato: ” Di quante cose non ho bisogno …”
Anche Dante Allighieri pensava qualcosa di simile scrivendo: “Fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza (e non conoscenza, perché Dante scriveva in volgare, antesignano dell’italiano, ma intendeva il nostro corrispettivo di conoscenza)”.
Seneca, nelle Lettere a Lucilio, suggerisce una vita semplice, dove non esiste la miseria, ma ci si accontenta dell’indispensabile. Una lunga ricerca interiore, per capire quanto l’inutile ci sembri indispensabile e quando lo abbiamo raggiunto ecco che arriva subito un desiderio ulteriore e così di seguito … in un turbinio di aspirazioni, magari anche raggiunte, ma che non saziano la nostra anima, anzi ci accendono sempre più la sete di altro … in una nevrosi continua, un vortice di insoddisfazioni, di ricerche della perfezione che tormenta e danneggia la nostra vita.
Ma cosa intendiamo per felicità ?
Un attimo di immensa gioia e soddisfazione, non ha nulla a che vedere con una vita felice …
Anche tutte le discipline orientali, vedi buddismo, fanno risalire la felicità alla ricerca interiore e non al raggiungimento del potere e/o della ricchezza.
Le statistihe ci dicono che i più felici, sono coloro che non hanno problemi economici, ma non sono molto ricchi e non aspirano a diventarlo; dedicando il loro tempo ad attività e lavori che sviluppano le migliori qualità del loro cervello.
Proviamo a domandarci di quante cosa ci circondiamo di cui non abbiamo bisogno… in modo indispensabile …
