BIOPLASTICHE
A Castel San Pietro, Bologna, una ex fabbrica di yogurt è stata trasformata, dalla genialità imprenditoriale italiana, in un’azienda che produce bio-plastiche.
Si chiama Bio-on e nei suoi laboratori super-tecnologici, con un investimento di 20 milioni di euro, produce plastiche biodegradabili e idrosolubili per: cosmetica, industria, campo medico (come fili chirurgici e protesi).
Marco Astorri e Guy Cicognani hanno acquistato il brevetto alle Hawaii e il titolo, oggi, vola in borsa.
L’Europarlamento ha, finalmente, compreso l’importanza di questi investimenti, ed ora ha proposto incentivi per i settore delle plastiche bio.
Intanto anche l’Istituto Italiano di Tecnologia e il CNR, stanno cercando di usare scarti vegetali, come carciofi, caffè, riso, pomodori ecc…, per produrre plastica bio.
Altre aziende lavorano nella medesima direzione su scarti di lattosio.
Mark Miodownik, docente di scienze dei materiali all’University College di Londra, studia come affrontare il problema delle plastiche formate da vari tipi e quindi difficilmente riciclabili. Con la moderna tecnologia, anche questo sarà possibile. Lo scrive nel saggio: La sostanza delle cose. Storie incredibili dei materiali di cui è fatto il mondo, Bollati Boringhieri.
La sua teoria si basa sul “ Cracking termico “, frantumare ed essiccare oggetti di plastica di qualunque genere e trasformare la plastica in un olio, con temperature sino a 500°, che poi può essere trasformato in plastica al posto del petrolio.
La tecnologia permette queste meraviglie, perché non approfittarne più ampiamente ?
