IN BANGLADESH LA PAGA DI UN OPERAIO è di 0,21 EURO ALL’ORA.
70 euro, è il guadagno mensile di un operaio.
Produrre una maglietta può costare da 2 dollari in su.
Qui sono presenti tutti i grandi nomi dell’alta moda italiana; e non solo.
Secondo alcuni imprenditori italiani, non si tratta sempre di sfruttamento perché i lavoratori ricevono uno stipendio che è proporzionale al costo della vita locale.
Due disgrazie successe in Bangladesh a causa delle condizioni di lavoro e degli edifici (2012 e 2013).
I 1.138 morti sotto le macerie del Rana Plaza, in Bangladesh, aspettano ancora giustizia dal 2013. La causa delle morti è stato il crollo di un edificio alla periferia di Dacca; qui erano concentrate centinaia di micro aziende tessili, che facevano lavorare migliaia di operai con paghe da fame per conto di grandi Marchi internazionali, comprese alcune note aziende italiane.
I marchi coinvolti hanno contribuito con soli 15 milioni di dollari ( corrispondenti a solo l’ 1,4% degli utili ), appena un terzo dei 40 milioni necessari; questo nonostante sia stato siglato un accordo tra marchi, governo del Bangladesh, lavoratori, sindacati nazionali e internazionali, ONG e ILO, come supervisore.
Le aziende italiane e straniere coinvolte: Benetton, Manifattura Corona e Yes Zee, Adler Modermarkte, Ascena Retail, Auchan, Carrefour, Cato Fashions, Grabalok, Gueldenpfennig, Iconix (Lee Cooper), J C Penney, Kids for Fashion, Matalan, NKD e PWT (Texman), queste sono le aziende che avevano produzioni al Rana Plaza al momento del crollo e poco prima.
Un marchio, il cui amministratore delegato ha guadagnato 17 milioni di dollari in un anno, ha pagato una cifra pari a soli 200 dollari per famiglia.
24.11.2012, rogo in Bangladesh: incendio alla Tazreen Fashion, le ditte (anche la Disney) negano ogni responsabilità, ma indumenti venduti dal colosso Usa Wall-Mart sono stati rinvenuti tra i resti dello stabile bruciato. Il fuoco è divampato nel magazzino, al piano terra. Il sovrintendente ha detto ai lavoratori, che scappavano per il fumo, che si trattava solo di una prova e che non c’era motivo di allarme. Forse era convinto di poter domare l’incendio. Gli operai si sono ritrovati in trappola come topi; circa 200 persone sono riuscite a salvarsi più o meno indenni, ma le 112 vittime sono morte nella fabbrica o cercando di fuggire dalla finestra.
Gli operai nelle fabbriche nel 2012 denunciarono: turni diurni e notturni da 12 ore; stipendi di circa 30 euro al mese; edifici senza uscite d’emergenza e con grate alle finestre.
Ecco cosa ha detto un’operaia: “Oggi prendo 3mila taka (28 euro al mese) e non posso neanche comprare le medicine per mia madre”.
I crolli della Tazreen Fashion e del Rana Plaza hanno svelato le condizioni disumane in cui vivono gli oltre 2 milioni di operai dell’industria tessile.
Probabilmente dal 2013, la situazione è migliorata, ma sicuramente ancora molto resta da fare per permettere a queste persone di avere, tutti, un lavoro sicuro e tutelato (cosa che ormai manca, in molti casi, anche nella stessa Italia).
