Abbiamo notizie di donne che pestavano il miglio indossando il niqab, il velo nero islamico che le riveste come un bollente scafandro, già 12 anni fa in una osasi del Mali; in Africa.
Il giornalista che riferisce questi fatti, Pietro Veronese (Il venerdì 19 settembre ’14, pag. 32), sostiene di essere stato colpito da un viandante arabo, in sandali, accolto con grandi segni di rispetto dai locali, senza che si degnasse di guardare in faccia i giornalisti occidentali presenti.
Una specie di “messia moderno” che ha tempo solo per la sua missione di diffusione del fondamentalismo retrogrado e violento.
Quando io ero giovane ricordo che le donne che portavano il niqab erano pochissime in tutto il mondo arabo ed erano molto anziane.
Le giovani non portavano nemmeno il velo, ma a volte portavano addirittura la minigonna e ne erano orgogliose; oggi la maggior parte delle loro figlie si vergognerebbe… !
I tempo sono cambiati, ma l’orologio sta pericolosamente andando indietro nel tempo e sono in pochi ad accorgersene; anche tra le donne.
Un altro giornalista, Raimondo Bultrini (Il venerdì 19 settembre ’14, pag.16), ci dice che furono i militanti islamici del Sudest asiatico a reclamare per primi un Califfato retto dalle leggi della Sahria.
L’ISLAM IN ORIENTE.
Oggi la Malesia è uno stato mussulmano, moderno e ricco, ma ancora con leggi secolari.
Durante il nostro medioevo, in questa zona del mondo ricoperta da foreste e ricca di spezie e pirati, nacquero alcuni dei primi insediamenti mussulmani.
Nel XII e XIII secolo si verificarono ondate di predicatori moderati come sufi e mercanti, provenienti dai Paesi arabi e dall’India; appena convertiti.
Questi primi “messia” importarono una fede sunnita-salafita (ovvero la versione più integralista della lettura del Corano, mentre gli sciiti sono più moderati e rispettosi delle altre fedi).
All’inizio, comunque, anche i più estremisti si adeguarono alle leggi locali e alle fedi animiste e induiste, ma nell’arco di tempo di quattro secoli si affermarono i modelli Wahabiti più puritani, ovvero fondamentalisti, che si diffusero anche nel sud delle Filippine, in gran parte dell’Indonesia, nella Thailandia del sud ed anche a Singapore, città ricchissima, ma piena di contraddizioni.
-19 terroristi sono stati da poco arrestati perché stavano organizzando attentati con vari esplosivi, costoro hanno ammesso di aspirare alla creazione di un Califfato che comprenderebbe la Malesia, le Filippine, l’Indonesia, la Thailandia del sud e Singapore.
CONTATTI CON LA SIRIA
I contatti con la Siria sono cominciati già nei primi anni di guerra contro Assad.
Allora i gruppi progressisti di civili, sostenuti dall’Occidente, lottavano a fianco dei gruppi di Al Qaeda e di quelli che avrebbero poi creato l’Is (Islamic State; stato islamico).
E’ notizia di pochi giorni il richiamo dell’opinione pubblica, da parte del Presidente indonesiano, sul pericolo che al loro ritorno i militanti indonesiani, che stanno combattendo per l’Is, possano tentare di riportare anche nel loro Paese l’islamismo più fanatico.
AL QUEDA
Il capo di Al Queda, forse per non essere sopraffatto dall’Is, ha annunciato di voler creare una filiale in India.
Nel Sud est asiatico circolano messaggi di questo tipo: “Avete sentito la chiara e inequivocabile chiamata di Allah. Allora vi domando: dove è la vostra fede? Preferite la famiglia, la casa, gli affari alla Guerra santa?”. Messaggio inequivocabile…!
Non dimentichiamo che un obbiettivo di Al-Queda è quello di far esplodere il tempio buddista e indonesiano di Borobudur; un simbolo della presenza di altre religioni prima dell’islam.
Proprio come quando i talebani distrussero le statue dei Budda di Bamijan in Afghanistan; facendo da detonatore alla successiva guerra.
