Le mostre sugli impressionisti le detestava; “gli impressionisti e la neve, gli impressionisti e il fiume … e perché non gli impressionisti e la maionese ?”.
Non accettava l’arte resa attrattiva con le tecniche della vendita di … un hamburger; era un vero critico, severo, intendeva le mostre come luogo di ricerca e non di consumo (tempi e pensieri che oggi sembrano preistoria).
Philippe Daverio rimane il più europeo dei critici e divulgatori d’arte, mezzo italiano e mezzo francese; aveva il fascino dell’istrione.
Suoi idoli furono Napoleone e Churchill.
In casa sua si parlavano tre lingue e due dialetti. Ebbe una formazione ottocentesca, conclusa alla Bocconi di Milano.
Sosteneva che l’arte fosse come un virus
Sosteneva che l’arte fosse come un virus; aprì gallerie a New York e poi si trasferì a Milano dove frequentò lo storico bar Giamaica di Brera, con Piero Manzoni, Aldo Calvi, Gae Aulenti e tanti altri nomi famosi. Presentò, con grande successo di pubblico, tanti libri nella sala della Passione di Brera.
Amò le case grandi e comode dove poter camminare e far stare comodi i suoi cani.
Daverio fu un uomo eclettico; in casa aveva diversi pianoforti e amava suonare Mozart.
Oggi i suoi arredi, gli oggetti d’arte e la biblioteca sono visitabili nel refettorio quattrocentesco del Monastero di Sant’Agostino Bianco, con i soffitti del Bramante e un affresco del Montorfano.
Aveva coraggio da vendere e dell’Italia, che comunque amava, disse; “L’Italia non è un paese fondato sul lavoro, ma sul melodramma”.
Oggi sento troppi commenti sull’arte che sembrano un grandioso copia incolla; ovvero dire sempre quelle parole che fanno effetto sul pubblico che ascolta. Oggi, che conta è solo piacere al maggior numero di persone possibile; i contenuti seguono il marketing [o “ markkkketttting “ ? direbbe Daverio].
Quando l’arte era qualcosa di molto serio e i suoi addetti non ripetevano sempre le medesime parole d’effetto adattandole ad ogni occasione.
Decine di anni ad ascoltare conferenze stampa sull’arte mi hanno lasciato una grande stima e affetto per quel grande, imparziale, coltissimo e coraggioso critico Philippe Daverio.
Perché ?
Perché è rimasto nella leggenda, tra i più onesti esperti del settore, come grande Assessore alla Cultura di Milano; indimenticabile !
Per lui i colori, se usati secondo certi canoni, erano segno di nobiltà e raffinatezza; i suoi coloratissimi farfallini ne sono un piccolo esempio.
Ebbe il coraggio di dire, riguardo al Louvre di Abu Dhabi; “Prestano tele ad Abu Dhabi e aprono un MacDonald, ma non è obbligatorio attirare 8 milioni di persone per far mangiare degli hamburger”.
Su Brera a Milano disse: “…bisogna superare la frammentazione [del patrimonio artistico di Milano] e fare la Grande Brera”.
In TV presentò: Art’è, Art.tù, Passpartout, Il Capitale.
Nel 2011 fondò il movimento di opinione “Save Italy” e fece abbandonare il progetto di discarica a lato di Villa Adriana.
Pubblicò moltissimi libri divulgativi, con grande successo.
Un mio personale omaggio, ironico ma non troppo, alla memoria di Philippe Daverio:
“Ave Daverio, morituri te salutant”
G.S.
