Con “Futurismo”,  si intende: “arte del futuro”,  tra le avanguardie del ‘900 questa è quella maggiormente animata da un forte sentimento di rinnovamento, di ribellione nei confronti della tradizione e di fiducia nel futuro e nelle sue innovazioni tecniche (forse troppo, visto che sta arrivando la Prima Guerra Mondiale).

Un grido di ottimismo, che piace sempre perché soddisfa il bisogno di positività nell’uomo e “aiuta” il popolo nella sua interezza a porsi nel migliore dei modi verso il nuovo che dovrà, comunque, affrontare; meglio se senza troppe pretese di critica.

Gli artisti della prima generazione di futuristi: Umberto Boccioni e poi Carlo Carrà, Luigi Russolo, Antonio Sant’Elia, Giacomo Balla e Gino Severini, si pongono come obiettivo di risvegliare l’arte figurativa poiché non è più immaginabile  vincolarsi e limitarsi a soggetti religiosi e mitologici.

Il Futurismo, è anche precursore di idee ed esperienze del Dadaismo, delle avanguardie russe e delle neo avanguardie del secondo Novecento.

Questo  movimento, supera i confini del quadro e della scultura per arrivare al massimo del contrasto cromatico, alla ricerca del tratto che dia l’idea del movimento (per determinare l’effetto dinamico) e della compenetrazione (per liberare l’oggetto dai suoi confini).

Sono oltre 100 le opere che animano le sale di Palazzo Zabarella, tutte appartenenti a un arco cronologico piuttosto ben preciso; dal 1910, anno di fondazione del movimento in ambito pittorico, al 1915, con la pubblicazione del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo e l’ingresso in guerra dell’Italia.

In mostra anche opere inedite o esposte raramente, provenienti da gallerie, musei e collezioni internazionali, per un totale di oltre 45 prestatori differenti.