Riceviamo dall’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”
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Ultimi aggiornamenti di rilievo:
Da uno studio degli USA: tanto peggiore è lo status socio-economico, tanto maggiori sono i tassi di mortalità …
In forte peggioramento, per la quarta settimana consecutiva, gli indicatori epidemiologici rilevati dalla cabina di regia Ministero della Salute – ISS per la settimana 5-11 novembre. L’incidenza dei casi settimanali per 100.000 abitanti è salita da 53 a 78, il numero Rt è aumentato da 1,15 a 1,21. Rimangono sotto controllo, ma con trend in aumento, gli indicatori ospedalieri: sale dal 5,3% al 6,1% il tasso di occupazione dei posti letto nelle aree mediche, e dal 4% al 4,4% l’occupazione delle terapie intensive (pag. 84)
Una ricerca realizzata negli USA ha messo a confronto il latte materno delle puerpere che avevano avuto l’infezione con quello delle vaccinate. Mentre l’infezione è associata ad una rapida e robusta presenza di anticorpi IgA, la vaccinazione è associata a una maggiore presenza di anticorpi IgG. In entrambi i gruppi comunque il latte materno raccolto dopo l’infezione o la vaccinazione ha mostrato capacità di neutralizzazione nei confronti del virus (pag. 17)
L’immunità conferita da una precedente infezione non appare sufficientemente protettiva nei confronti di varianti virali diverse rispetto al ceppo che ha causato l’infezione. Da una ricerca effettuata su una quarantina di convalescenti da forme lievi di Covid-19, prelevati sei e dodici mesi dopo l’infezione. è emerso che solo il 51,2% ha evidenziato una capacità di neutralizzazione nei confronti del ceppo virale dal quale era stato infettato, percentuale che scende al 44,2% nei confronti della variante Alfa, al 16,2% nei confronti della Delta, all’11,6% nei confronti della Gamma e al 4,6% nei confronti della Beta.
Dopo 12 mesi dall’infezione anche le cellule T specifiche, pur presenti nella maggior parte dei sieri dei convalescenti, hanno evidenziato una funzionalità compromessa nei confronti delle varianti virali (pagg. 24-25)
Una rassegna condotta negli USA su oltre 4,3 milioni di persone ha evidenziato che rispetto ai bianchi gli afro-americani hanno un rischio maggiore di due volte e mezzo di contrarre l’infezione, gli ispanici addirittura tre volte e mezzo.
Lo studio ha inoltre evidenziato che tanto peggiore è lo status socio-economico, tanto maggiori sono i tassi di mortalità, ma anche effettuando un aggiustamento dei dati per tenere conto delle disparità socio-economiche e del livello di assistenza sanitaria di questi gruppi di popolazione rispetto ai bianchi, è risultato che gli afro-americani hanno comunque l’80% di probabilità in più di infettarsi, gli ispanici di circa due volte in più.
Gli americani di origine asiatica hanno invece evidenziato un rischio quasi doppio di contrarre forme severe della malattia ma, curiosamente, un tasso di mortalità inferiore (pag. 31)
Secondo l’ultimo rilevamento settimanale dell’Istituto Superiore di Sanità, il completamento del ciclo di vaccinazione garantisce una protezione del 74,8% contro la diagnosi di positività da variante Delta, del 91,3% contro l’ospedalizzazione, del 94,7% contro il ricovero in terapia intensiva, del 91,5% contro il decesso. Tra gli over 60, rispetto a chi ha effettuato la vaccinazione da meno di sei mesi o ha effettuato il richiamo, chi non è vaccinato ha un rischio maggiore di 4 volte di contrarre l’infezione rispetto a chi ha completato il ciclo vaccinale, di 8,5 volte di ospedalizzazione, di 16 volte di entrare in terapia intensiva, e di 10 volte di decesso (pag. 50)
In Israele il Ministero della Salute ha autorizzato l’avvio della campagna di vaccinazione con Pfizer/BioNTech dei bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni (pag. 52)
Il Ministero della Salute ha autorizzato a partire dal 1 dicembre la somministrazione di dosi di richiamo a tutte le persone di età superiore a 40 anni che abbiano completato il ciclo vaccinale primario da più di sei mesi (pag. 59)
L’EMA ha raccomandato l’autorizzazione all’utilizzo di due anticorpi monoclonali: il cocktail Ronapreve di Roche Regeneron, già autorizzato in Italia nell’ambito della procedura gestita da AIFA, e il regdanvimab, prodotto per l’Europa dalla filiale ungherese della biotech coreana Celltrion (pagg. 76-77)
Il Bahrein è la prima nazione al mondo ad autorizzare l’uso emergenziale di AZD7442 o Evusheld, cocktail dei due anticorpi ad azione prolungata (LAAB) tixagevimab e cilgavimab prodotto da AstraZeneca, che viene somministrato tramite iniezione intramuscolare (pag. 78
Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” – I.R.C.C.S.
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